LA ZISA
Fu costruita da maestranze arabe intorno al 1165 per volere del re normanno Guglielmo I e fu completata dal suo successore Guglielmo II, che qui riposava durante i mesi più caldi dell’anno, approfittando dei sistemi di refrigerazione e di ventilazione carpiti alla cultura araba.
Esternamente si presenta di forma parallelepipeda, con tre ordini di aperture e con i segni delle alterazioni subite nel corso dei secoli. Un originario fascione d’attico decorato fece posto ai merli intorno al 1300, quando fu adibita a dimora agricola fortificata. L’intervento più pesante fu realizzato nei primi decenni del 1600 quando fu acquistata da Giovanni de Sandoval e ristrutturata affinché venisse adattata a dimora stabile.
Successivamente caduta in rovina, è stata acquisita, intorno alla metà del nostro secolo dal demanio regionale e finalmente restaurata. La rigorosa simmetria adottata come logica costruttiva e distributiva degli spazi distingue i percorsi tra la zona privata e quella pubblica.
La zona pubblica era formata dal vestibolo di ingresso aperto su due lati e dalla attigua sala della fontana dove l’acqua che scorreva in appositi canali a cielo aperto, costituiva al tempo stesso ornamento e sistema di umidificazione dell’aria.
Il varco tra il vestibolo e la sala della fontana risale al XVII secolo, con un insolito affresco dipinto sull’intradosso della volta. Raffigura personaggi mitologici detti “i diavoli della Zisa“, dalla credenza popolare che ritiene impossibile contarne l’esatto numero. Delle costruzioni esterne all’edificio rimane l’originaria cappella con la tipica calotta emisferica a copertura del rettangolare presbiterio.
CHIESA DEI CAPPUCCINI
Al termine della via Pindemonte, si incontra la piazza Cappuccini con l’omonimo Convento e un piccolo cimitero. L’attuale Chiesa, chiamata, non a caso, Madonna della Pace, è il frutto di una disarmonica rivisitazione di una precedente chiesa risalente all’età barocca.
Al suo interno, tra gli ancora riconoscibili caratteri dell’architettura seicentesca, innumerevoli sono le opere d’arte, anche se il complesso deve la sua fama alla presenza delle catacombe, realizzate con paziente lavoro dall’ordine stesso al di sotto della chiesa.
Numerosi scheletri ancora vestiti di personaggi laici e religiosi, appesi alle pareti o sepolti in casse aperte, mostrano il macabro scenario della morte. L’intenzione dell’ordine dei Cappuccini, che tanto e minuzioso lavoro ha dedicato nel corso dei secoli alla formazione dello sconcertante spettacolo, è quella di infondere nel visitatore il senso della temporaneità e della futilità delle cose umane, contrapposto all’eternità della vita spirituale dell’anima.
Proprio per l’innata dimestichezza con il concetto di morte, adiacente alla chiesa è ubicato un piccolo cimitero, sempre gestito e curato dall’ordine dei Cappuccini. Cappelle mortuarie e lapidi sono inserite in un piccolo giardino sempre fiorito che, a differenza dei lugubri e inquietanti scenari offerti dai soliti cimiteri, volutamente comunica un tranquillo senso di pace.
MERCATO DEL CAPO
La Porta Carini fu edificata nel 1310 ed oltre ad essere l’unica superstite è probabilmente la più antica delle tre porte che permettevano l’accesso, dal versante settentrionale, alla città antica.
Dalla porta, lungo l’omonima via fino a piazza Capo e lungo gli stretti vicoli confluenti, si articola uno dei più antichi mercati palermitani. Simile ad una Kasba, il pittoresco scenario prima appare e poi ci coinvolge con la folla di avventori che si accalca negli angusti passaggi tra innumerevoli bancarelle, mentre i venditori “abbanniano” ad alta voce i pregi della propria merce.
TEATRO MASSIMO
Il teatro fu iniziato da Giovan Battista Filippo Basile nel 1875 e portato a compimento dal figlio Ernesto dal 1891 al 1897. L’edificio di indubbio gusto neoclassico, nonostante abbia il carattere monumentale voluto dalle esigenze di rappresentatività della società dell’epoca, mantiene disciplinate proporzioni tra le parti che compongono l’articolato volume.
L’edificio è completamente isolato sui quattro fronti; la sala è sormontata da una grande cupola circolare mentre una monumentale scalinata che conduce ad un maestoso pronao porta all’ingresso. Nonostante le enormi dimensioni, colonne alte 13 metri con un diametro di 1,25 metri e un tetto a cassettoni larghi 4 metri, tutto è proporzionato ed integrato nella struttura.
Il foyer posto in successione al pronao, è una sala di forma rettangolare fastosamente decorata, larga poco meno di 12 metri e lunga 31,70 metri. Punto di affluenza del pubblico e di confluenza di tutti i percorsi, collega l’entrata con la sala caffè, con i passaggi coperti per il ricovero delle antiche carrozze, e con la sala, tramite un ulteriore piccolo vestibolo da cui si dipartono le scale che portano ai palchi.
La vista della platea incanta con i suoi drappi di velluto rosso; cinque ordini di palchi, più il loggione sono disposti a ferro di cavallo e rivolti verso il proscenio.
Al centro il palco reale a cui si accede mediante una scala distinta chiamata per l’appunto scala reale. Ha la dimensione in larghezza di tre palchi e in altezza di due ordini. Anch’esso è preceduto da un salone di dimensioni maggiori rispetto agli altri palchi, quasi 100 metri quadrati di superficie. Oltre al meccanismo di illuminazione e di ventilazione creato nella copertura mobile divisa in undici pannelli trasparenti, numerose sono le particolarità costruttive del teatro.
Di particolare pregio sono le opere pittoriche della sala di Rocco Lentini, quelle dei ridotti del palco reale del Padovano e gli affreschi nei ridotti pubblici realizzati da Giuseppe Enea
VIA RUGGERO SETTIMO
Intitolata all’ammiraglio e senatore Ruggero Settimo è definita il salotto di Palermo per l’eleganza dei negozi che vi prospettano. Deve il suo attuale prestigio anche al fatto che congiunge le due più importanti piazze della città: piazza Verdi, dove sorge il Teatro Massimo, e piazza Ruggero Settimo, dove è ubicato il Teatro Politeama.
Il tracciato al di fuori delle mura della città, pensato nel 1782 dal pretore Antonino la Grua, marchese di Regalmici, intendeva facilitare il collegamento con le residenze estive della Piana dei Colli. Finì, invece, per dettare l’orientamento della vera espansione della città; la zona cominciò ad acquistare prestigio e i nobili la preferirono per edificare nuovi palazzi, immersi nel verde della campagna palermitana.
Dai Quattro Canti di Campagna in poi sono state mantenute inalterate le presenze edilizie e numerosi edifici, quali Palazzo Galati, alla cui costruzione parteciparono il Marvuglia e il Marabitti e Palazzo Francavilla di Ernesto Basile, dove è presente in embrione la nuova cultura liberty.
TEATRO POLITEAMA
La via Ruggero Settimo sfocia in un grande spazio formato dalla contiguità di due piazze legate lungo l’asse della via Libertà: la piazza Castelnuovo e la Piazza Ruggero Settimo dove sorge il Teatro Politeama, edificato tra il 1867 e il 1874, quasi contemporaneamente al teatro Massimo, da Giuseppe Damiani Almeyda. Anche se diversa è la destinazione, il dualismo tra i due teatri più importanti della città si risolve come testimonianza di una diversa interpretazione dello stile classicista.
L’ingresso, costituito da un enorme arco trionfale con una composizione scultorea in bronzo, tradisce la formazione culturale dell’architetto che, incline al repertorio ellenistico romano, propone soluzioni policrome tipiche di edifici pompeiani. Innovativa è anche la soluzione di creare i foyer tra i colonnati che ornano esternamente la sala rotonda.
Nella medesima piazza si trova il Kursaal Biondo che, progettato da Ernesto Basile nel 1913, originariamente formava un grande complesso comprendente un casinò, un cafè-restaurant, un vasto giardino per le rappresentazioni all’aperto e la sala per gli spettacoli. Oggi restano soltanto la sala, profondamente trasformata (ex cinema Nazionale e attuale sala Bingo), ed il bel prospetto esterno con le allegorie della Danza di Archimede Campini.
VIA LIBERTA’
Dalla piazza Politeama sino alla piazza Vittorio Veneto, la via Libertà è ritenuta la più importante tra le arterie cittadine per le sue dimensioni, per l’eleganza dei suoi negozi e per il doppio filare di platani che la fiancheggiano.
Il primo tratto realizzato nel 1860 aderisce alle tendenze post-illuministiche del periodo e si rifà ai grandi progetti attuati dal barone Hausman a Parigi, nell’ambito della grande rivoluzione urbanistica di fine secolo. La logica parigina dei boulevards trova rispondenza in un piano di grandi riforme che portarono la città a livello delle grandi capitali d’Europa. Il secondo tronco, dalla piazza Croci verso la Favorita, prosegue ad unica carreggiata, adeguatamente alberato con maestosi platani e lambito per un lungo tratto dal Giardino Inglese, sistemato nel 1851 da Giovan Battista Basile sul modello tipico delle ville inglesi. Con la costruzione dei nuovi palazzi, presto la via Libertà divenne il nuovo salotto della borghesia palermitana che preferì questa passeggiata a quella tradizionale del Foro Italico. Oggi lungo quest’arteria di congiunzione tra il moderno e l’antico, tra la storia ed il presente, e lungo le vie perpendicolari, innumerevoli negozi ne fanno la zona commerciale più rappresentativa della città ed il luogo dove dopo un secolo di storia continua ad essere piacevole passeggiare ed incontrarsi.
Da percorrere la Via Principe di Belmonte solo pedonale per gustare un fresco aperitivo seduti ai tavolini dei bar ! Una bella traversa di fine ‘800 che collega appunto la Via Ruggero Settimo alla Via Roma.